Non mi occupo di sport
La frase, proprio questa o simile a questa, è un luogo comune.
Dentro il quale si trovano e stanno intellettuali di varia taglia, signore più o meno distratte, persone che, a sentire loro, si occupano di altro.
Di ben altro, sottointeso spesso e malvolentieri, perché cosa vuoi che perda tempo con sciocchezze così.
Il problema è che -modestamente- non sanno cosa perdono davvero, trattandosi di sport, appunto, dove soltanto all’apparenza conta chi vince, chi perde un po’ meno.
Anzi, il problema è che non sanno cosa dicono.
Mike D'Antoni Monaco Grand Prix
La perdita, nello specifico, ha a che fare con il senso profondo che sta dietro e poi dentro un confronto intimo complesso.
Ciò che permette a ciascuno di noi di verificare una tenuta al cospetto di uno sforzo.
Dunque, si tratta di cogliere una occasione.
L’occasione di avere a che fare con una sofferenza che lo sport richiede e poi coltiva.
Di avvertire le rivelazioni che compongono un esordio.
In gara, certo.
In ogni tipo di gara.
Facciamo sport anche senza accorgercene.
Lo facciamo misurandoci con l’amicizia, tirando su un figlio, confrontandoci con un partner, con i colleghi di lavoro, con un compito, qualunque esso sia.
Molti anni fa, Walter Chiari -poco prima di volare via- disse qualcosa di indimenticabile a proposito di sport.
Parlava, seduto su un divano del residence nel quale viveva a Milano, dell’amore.
Walter Chiari
Disse:
Nulla è più sportivo di un primo amore. Perché è quello il momento in cui scendi in campo e non sai veramente di quanto fiato disponi, di ciò che l’emozione porta o toglie, di come andrà davvero, una volta esploso il colpo di pistola.
Sì, sì, ti sei allenato, hai immaginato, hai persino verificato. Ma solo a quel punto hai di fronte un altro, un'altra, un avversario misterioso.
Che può fare qualcosa di inatteso, che può filare più veloce, che può spiazzarti ogni istante.
Te la fai sotto, ecco, ma ormai sei partito, sei in pista e tocca misurarsi.
Con se stessi, con gli altri.
È un vero dente del trampolino.
Dal quale ti sei già buttato.
Beh, una meraviglia.
Il racconto di Walter Chiari e lo sport.
Un po’ come l’amore.
Con dentro slanci e patimenti, entusiasmi e sofferenza, stato di grazia e pessima forma.
Un po’ come la vita.
Walter Chiari
Possiamo non occuparci di sport, trattare superficialmente lo sport come una faccenda da tifo, da goliardia, da divano e tv.
Ma intanto lo pratichiamo.
E, dunque, le storie di sport, che sono storie cariche di una umanità riconoscibilissima perché ci somiglia e ci appartiene, servono, insegnano, commuovono e trasportano.
Quando un campione, così lontano da noi, mostra qualcosa di noto, di consueto, un’ombra, un inciampo, una debolezza.
© Adam Pretty/Getty Images
Quando un campione indica una condizione nota.
Facciamo sport, per fortuna.
Ogni santo giorno.
E magari o persino, dalle nostre corse, riusciamo a cogliere un insegnamento.
Un possibile miglioramento.
Un angolo della nostra anima che pulsa, soffre, gioisce a sorpresa.
Il bello, dello sport e dunque della vita, sta tutto qui.
Nel piacere di una conoscenza profonda, illuminante e inattesa.