Andrea Dallavalle

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Moltiplica tutto per tre.

“Ce l’hai presente il salto in lungo?

Ecco, uguale ma ne fai tre.”

Di solito rispondo così, alla domanda che mi pongono più spesso.

Ma che cos’è il salto triplo?

Boh, chi lo sa.

È certamente più di una disciplina, più di un gioco, più di una sfida.

Ma è anche un controsenso, un’attività senza logica, che prende quello che sai del corpo umano e delle sue misure e lo strapazza senza pietà, soltanto per il gusto di metterti alla prova, di provocare la gravità.

Andrea Dallavalle

Tutto per tre.

Tre sono i balzi sulla pista, di cui i primi due fatti vengono sullo stesso piede, in una specie di tornado di gambe, che qualcuno ha scoperto che ti fa volare più lontano.

Tripla è la pressione che senti sulle gambe e sulle ginocchia.

Triplo il dolore se rompi qualcosa.

Tripla è la paura che ti resta quando ti rimetti in piedi e provi ancora ad affrontare la pedana.

Il salto triplo è un megafono di bellezza, una lotta all’impossibile che prende il gesto e lo moltiplica. Con tutte le conseguenze del caso.

Tripla (o quasi) è la distanza che percorri, la fatica che fai, il rischio che prendi.

Triplo è il sapore del successo, quella sensazione rara, forse rarissima, di leggerezza assoluta che ti attraversa l’anima nel mezzo di un salto.

È quasi sempre un salto soltanto, e succede all’improvviso.

Tutto prende senso, la velocità diventa spinta, la spinta diventa leggerezza, e la leggerezza diventa lunghezza. Ti senti alto, ti senti lungo, ti senti galleggiare.

E sai già di essere andato lontano.

Andrea Dallavalle

Tutto, ma per tre.

Anche quando non funzioni.

Anche quando sei pesante e nella testa si moltiplicano i pensieri negativi, la consapevolezza di aver fatto male, di essere stato legnoso, di essere atterrato troppo vicino al punto di stacco.

Nella buona e nella cattiva sorte, come in un matrimonio, come se il volo prolungato bloccasse il tempo per un istante, lo dilatasse, e rendesse tutto più assoluto. Più importante.

Senza ritorno.

Come un’emozione normale.

Ma moltiplicata per tre.

Uno, due, tre.

Come me e i miei fratelli.

Anche loro cresciuti sul campo d’atletica insieme a me.

Anche loro nati e diventati grandi tra il tartan, l’erba e la sabbia, per seguire le orme e l’esempio della mamma e del papà.

Prove multiple e salto in lungo, lei.

Velocista, lui.

Un modo di stare al mondo, quello dell’atletica, che più che uno sport è una filosofia, una cultura che ti abbraccia e che ti invita ad amarla, per far si che non muoia mai, neppure quando tu smetterai di corteggiarla.

Andrea Dallavalle

Io ero forse il più competitivo, dei tre, sempre il primo a rosicare quando perdevo a qualcosa, a qualsiasi cosa, eppure sempre pronto a ripartire da capo non appena ne avevo l’occasione.

Ero un purosangue, con lo spirito ancora da imbrigliare.

I nostri genitori ci allenavano sempre.

Tanto in casa quanto al campo. Tanto a parole quanto a gesti.

L’atletica era la nostra lingua comune, una presenza fissa nelle nostre vite, proiettata sul nostro Mondo, piccolo e perfetto.

Guardavamo le gare insieme, ne discutevamo, ce ne riempivamo i polmoni.

È stata un’infanzia felice, bella al punto che, forse, varrebbe per tre.

Il triplo è arrivato grazie al destino, ma non per caso.

Per volontà, ma non per mio volere.

Forse, potremmo dire, che è arrivato per amore, e per amore oggi rimane.

Quando sono diventato grande a sufficienza per capire, il triplo era già lì, nella vita di mio fratello maggiore, che era l’atleta più forte che conoscessi, che saltava lontanissimo e che vinceva i campionati nazionali.

Io volevo essere come lui, e persino meglio, perché ero il suo fan numero uno.

Così ho provato anche io, e ho avuto la fortuna di scoprire che ciò che volevo fare più di qualsiasi altra cosa al Mondo, era anche la cosa che mi veniva meglio.

Andrea Dallavalle

E così mi ci sono buttato a capofitto, con tutto me stesso.

Anche perché, chi fa da sé, fa per tre.

E ancora oggi, che tutto è diventato molto più grande, come se qualcuno lo avesse moltiplicato per tre, le cose che contano davvero continuano ad essere sempre le stesse.

Il trasporto emotivo di quando un Dallavalle vinceva un campionato nazionale ha lasciato spazio ad una dimensione più ampia, più competitiva, e dove gli equilibri tecnici e personali si possono spezzare in qualsiasi momento, stritolati dalla sfiga, dagli avversari o dal tempo.

Più vai in alto e più resti da solo, perché chi ti vuole bene non ha esperienza di quel che stai vivendo tu, e non sempre è facile provare a spiegarlo a parole.

Eppure, ogni volta che salto meno di quello che vorrei, o ogni volta che una gara va al di sotto delle mie aspettative, li ritrovo tutti al mio angolo sorridenti.

Il loro stupore resta intatto.

Sempre e comunque.

Perché soltanto chi ha masticato l’atletica giorno dopo giorno sa quanto sia difficile ottenere certe misure, quanto delicati siano i meccanismi che permettono di restare nel cerchio dell’eccellenza.

Andrea Dallavalle

I miei sogni sono grandi come quelli di ogni atleta e pazzi come quelli di ogni triplista. Ne valgono tre, dei sogni normali.

Contengono tutto quel che vorrei diventare e gran parte di quel che sono.

Ma, nonostante il desiderio di grandezza, se invece di chiedermi “che cos’è il salto triplo?”, mi chiedessero “chi sei tu?”, non avrei esitazioni.

Sono Andrea, triplista, figlio e fratello dell’atletica.

Andrea Dallavalle / Contributor

Andrea Dallavalle