È difficile contenere sé stessi in un solo ricordo.
In realtà non è un ricordo specifico, ma è una sensazione.
Il senso di fede.
La sensazione di credere di poter realizzare qualcosa di più alto e più grande di quello che già avevo.
Non ero sicuro da dove provenisse e non ero davvero sicuro di "cosa" avrei potuto ottenere. Ma sapevo che c'era qualcosa di più grande di me.
Più grande della vita stessa.
Più grande della vita che stavo vivendo in quel momento.
© La Presse M.Paolone
Ho sempre amato fare sport.
Ho sempre amato essere attivo.
Ho genitori che hanno sempre capito quanto lo sport possa essere importante per costruire il carattere di un essere umano, la sua bellezza interiore, la sua coscienza civica, la sua salute mentale, specialmente da bambino.
E avendo passato tanto tempo nello sport, questo desiderio di ottenere qualcosa di più grande, ha trovato il suo modo di diventare una realtà.
L’ho desiderato così tanto che alla fine si è avverato.
Mio padre è sempre stato il capofamiglia, la guida.
È un grandissimo lavoratore.
Un uomo guidato dalla morale e dal senso del dovere che ha verso la sua famiglia. Una madre che mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere sulla compassione, sull'amore, sull'essere un uomo giusto.
Non solo genitori, ma anche ottimi amici e ottimi mentori.
Dolce amore e duro lavoro.
Passione e senso di urgenza: posso vederli entrambi, vivere dentro di me.
Li sento sussurrare nelle mie orecchie, ad ogni passo.
© Mine Kasapoglu
Quindi, da un lato, avevo il mio "Adamo ed Eva": le menti dietro la mia stessa esistenza. Gli scrittori del mio DNA, con i loro doni: le due metà della mia anima.
Mentre, invece, quel sentimento di fede che avevo, era soltanto mio.
Era complesso da esprimere, difficile da domare.
Impossibile da spiegare.
È lì. È sempre stato lì.
Come mai sono l'unico a vederlo?
© Gian Mattia D'Alberto La Presse
Il nuoto è stata la risposta.
Voglio dire, il nuoto è stato, almeno, una risposta.
La mia risposta migliore.
Avrei potuto essere un’artista.
O un cantante.
Forse un pugile.
Ma amo competere. E più che competere, amo vincere. Sono davvero accecato dai sentimenti che provo verso la mia storia, verso il mio processo decisionale. Cerco di metterci un po' di cervello, ma ciò che fa scattare le mie decisioni sono soprattutto le sensazione e quella indescrivibile voglia di vincere.
E il modo che ho trovato per esprimere quella sensazione è stato nuotare.
E così ho nuotato.
E continuo a nuotare più forte che posso.
Nella vita, penso che tu possa rispondere a ogni singola domanda con un'altra domanda: "perché no?", e nessuno può dimostrare che ti sbagli.
Invecchiando, sto scoprendo di non essere molto interessato allo sport, in generale.
Non lo seguo così da vicino.
E il nuoto non è così interessante dal punto di vista dell'intrattenimento.
Lottiamo profondamente per renderlo eccitante per le persone al di fuori della bolla.
Certo il Mondiale e le Olimpiadi sono qualcosa di diverso, ma per tutto il resto, per tutti gli altri meeting, oltre a giornalisti, ex nuotatori e famiglie di atleti facciamo fatica a spingere le persone a seguirlo da vicino.
È un po' la natura di questo sport: devi mettere la faccia nell'acqua, affrontare il dolore e le paure, e non distogliere mai gli occhi dalla linea nera.
E devi farlo ancora e ancora, finché i tuoi obiettivi non sembrano più tanto irrealistici.
© Mine Kasapoglu
Però, quando ero più giovane, il nuoto era lo sport che mi premiava con la migliore sensazione di competizione e, naturalmente, con la più profonda scarica, con la più alta idea di vittoria, di successo.
Quindi l'ho adorato comunque.
E lo amo ancora.
Ecco perché continuo a nuotare: per perseguire questa nozione, questa sensazione, questa emozione di successo, per vincere, per sentirmi realizzato.
Per onorare la competizione, la mia natura interiore e, in definitiva, per vincere, perché il momento in cui sei in grado di imporre la tua volontà sui tuoi rivali è come nient'altro al mondo.
E non sarò conciliante.
Non mentirò e dirò che: "oh, l'importante è esserci".
No, l'importante è vincere. Ciò che conta è avere successo. Il nuoto me lo dà.
E per questo lo amo davvero.
Perché lì sta il sentimento della fede, il motivo per cui sono come sono.
© ATHLETE PHOTOSHOOT
C'è un sacco di ego coinvolto.
E se non stai attento, tutto inizia a ruotare intorno a te.
Se non stai attento, diventerai un atleta estremamente egoista, anche se di talento.
Il successo non conta niente quando sei egoista, quando non lo condividi con gli altri.
Essere in grado di vincere, essere in grado di avere successo nello sport ti dà anche una piattaforma e l'opportunità di diffondere un messaggio, ed è allora che diventa davvero rilevante per il mondo.
Perché se ti fermi a pensare “qual è il mio contributo alla società?”, attraversare la piscina più velocemente degli altri non significa niente.
Fa parte della mia storia, della mia vita, ma questo non significa niente per nessuno.
Perché dovrebbe interessarmi? Non cambia la vita a nessuno!
Il nuoto ti dà l'opportunità di vincere.
E vincere ti dà una piattaforma ed è allora che tutto cambia.
Quando le persone mi contattano e mi dicono che stavano per abbandonare il loro obiettivo personale, ma non l'hanno fatto perché hanno letto un articolo su di me, o hanno visto un post su di me, e sono stato in grado, attraverso la mia storia, di fargli cambiare idea, è ciò che apprezzo di più.
Quindi quando sei giovane, magari ventenne, e vuoi vincere per nutrire il tuo ego, e va bene. Fa parte del gioco.
Ma sarebbe estremamente stupido per me, a 33 anni, voler vincere perché voglio sentirmi bene con me stesso. E siamo onesti, nessuno nuota per i soldi.
Tutto ruota ancora attorno alle solite vecchie motivazioni, che il tempo ha solo reso più chiare, più nitide, più assolute.
Si tratta di diffondere un messaggio, un messaggio che viene da dentro e un messaggio che è in grado di farmi sentire parte di qualcosa di più grande.
Quella sensazione di fede.
Alla fine dell'arcobaleno, ho trovato me stesso, eppure, giorno dopo giorno, sto ancora cercando qualcosa di più grande.