L'altruismo non esiste.
E dove se ne trova è una costruzione sociale, è innaturale.
E, secondo me, è anche una menzogna, un nome che si da a qualcosa che invece ha un'origine completamente diversa.
È l'egoismo a governare i rapporti tra gli esseri umani, a determinare lo scorrere del tempo e come lo si decide d'impiegare.
Se facendo una cosa oppure il suo esatto contrario.
Non tutti gli egoismi si assomigliano, chiaramente.
Ce ne sono di buoni e ce ne sono di cattivi.
Mia madre ha paura di salire sopra un aereo e volare.
Quando io mi imbarco per una delle mie avventure estreme so che lei soffre molto.
Lo so che lei rimane lì con il cuore tra le mani e le mani intorno al cuore in attesa di ricevere mie notizie.
So per certo che non è felice.
Ma io sì.
Quando parto sento qualcosa vibrare dentro lo stomaco, come la corda di un violoncello.
Corda robusta che emette un suono profondo, dura da pizzicare ma che vibra molto a lungo se hai le dita sufficientemente forti da scuoterla per bene.
La mia pancia è fatta così. Con essa e con i suoi pensieri prende forma anche la mia felicità.
Felicità che la mia mamma conosce bene.
Ne capisce i meccanismi, le pause e le nature.
Sono egoista forse?
Ad andarmene per il Mondo con il sorriso appeso al volto sapendo che a casa chi mi ama è in pena per me?
Non sarei forse più egoista a starmene al calduccio di una vita normale e pertanto monotona? Ad andare in ufficio e sentirmi sfiorire un poco ad ogni luna come succedeva con la rosa che ne La Bella e la Bestia restava sotto alla teca?
Perché nel primo scenario, quello dove faccio liberamente l'Ulisse con l'elmetto, ci saranno un sorriso, il mio, ed una tristezza, la sua. Pareggio.
Ma nel secondo scenario, quello dove entrambi siamo imballati con il polistirolo per evitare di romperci, le tristezze diventerebbero due.
Perché alla mia evidente sofferenza si sommerebbe anche la sua, che mi vedrebbe spento e scordato.
Ed io, spento e scordato, non lo sono mai stato.
Se volessimo parlare di un compromesso?
Lasciamo stare dai, che di compromesso si può anche morire e se anche forse non si muore di certo si diventa sterili a suon di compromessi, visto che è una castrazione sotto falso nome. Meglio di no, meglio evitare.
Trovo molto più importante, vitale e urgente inseguire la morte standomene a cavalcioni sopra le mie forze, e nient'altro.
La inseguo nuotando libero nell'Oceano, un oceano "pattugliato" da squali, per oltre venti ore senza soste.
O in cima ad un gigante di oltre Ottomila metri dove sono arrivato in condizioni estreme, assorto a guardare la terra che scrutando l'orizzonte inizia a curvare.
A curvare!
Come quando sei sull'aereo e guardi fuori dal finestrino, ma con l'80% in meno dell'ossigeno.
Osservo la curva più elegante che abbia visto in vita mia e penso che se malauguratamente dovessi scivolare e cadere giù, quantomeno succederebbe in un posto unico, terra di conquista per pochissimi.
Quante volte?
Quante volte avete sentito la storia di qualcuno che è sopravvissuto ad un'esperienza drammatica e racconta di come la sua vita si sia capovolta?
Di come le stronzate ora non contino più per lui, di quanto adesso si senta appiccicato alla vita, di quanto non si permetterà mai più di attraversare un ponte senza guardare giù almeno una volta.
Io vivo sempre così.
Ogni giorno, o quasi.
Volutamente mi porto sopra quel confine sottile, che a pensarci bene è solo facile da attraversare ma non sottile, che divide la vita dalla morte e lo faccio con coscienza, con desiderio. Con necessità.
Le mie imprese: se non ci fosse la possibilità che qualcosa possa andare storto io non le farei. Più è alto il rischio e più ho voglia di tuffarmici dentro, preferibilmente di testa.
Al netto di una preparazione perfetta, di un calcolo e ricalcolo continuo di ciò che dovrò fare per uscirne intero, è la sensazione fisica del rischio di non farlo a rendere l'Odissea attraente. Seducente come il canto delle sirene.
La morte è lì, fortunatamente. Presente ad ognuno di noi in mille forme e maniere.
Presente e potente. Definisce, spiega, impone il ritmo del tempo che scorre a chi è vivo.
Quando una pianta infestante attacca un albero e l’albero muore, il suo tronco si secca e le sue foglie cadono, quando questo accade, accade in silenzio.
Quando vedo un uccello piombare dall’alto sopra un topo e portarselo via, il tutto accade in silenzio.
La natura non si turba di ciò che le accade, non grida.
Le cose nascono e muoiono; si mangiano a vicenda sotto i nostri piedi, in silenzio.
La vita si spiega da sé, ed è la morte ad esserne protagonista.
Sono attaccato alla vita, alla sua grandiosa ed elegante ciclicità.
Desidero gustarmela più a lungo possibile, perchè è soltanto restando vivo che potrò sfidare nuovamente la morte.
Quel brivido gelato, quello che ti assale il petto e le spalle quando tutto sembra essere andato storto, è il motivo per cui posso prepararmi senza soste per un anno o due senza mai demotivarmi.
Il brivido è il fine.
Ed il fine giustifica ogni mezzo, anche la paura. La paura che va rispettata, governata e plasmata.
Come con i tori al rodeo, va presa allo stato brado, chiusa in un recinto, aizzata e poi montata fino a farla accasciare al suolo, ridotta a mezzo, nient'altro che un semplice mezzo.
Non voglio avere paura di avere paura.
L'estremo mi tranquillizza, mi rallenta i battiti piuttosto che accellerarli. Osservo, come se fossi fuori dal mio corpo, quello che mi resta da fare prima di non poter fare più niente.
Un passo, un secondo, una bracciata: qualunque sia il metro per misurare il mio prossimo, ultimo gesto, io lo osservo sapendo perfettamente che non posso non farlo, mi rilasso, e poi lo faccio.
La natura più selvaggia è il mio ufficio. Essere fuori dalla zona di comfort è il mio respiro.
Ghiacciai, foreste, deserti, vette che anche i più grandi rapaci scrutano con lo sguardo che dice "si, ma anche no!": questo mi emoziona, questo mi incastra con prepotenza alla vita.
E sono certo che potete capirlo, in fondo al vostro cuore ci sono dei bottoni che funzionano esattamente così, quelli che serve coraggio per schiacciarli.
È come parlare d'amore, la sola cosa che lo può rendere reale, la sola cosa che lo rende vero è la sua vulnerabilità.
Se non hai paura di perderla non la ami.
Se non senti che ti sgretoleresti senza di loro, se non senti la terra sotto i piedi franare al solo pensiero, allora non è reale.
Ugualmente funziona per me la vita intera.
La vita stessa vale talmente tanto d'essere amata che sento il bisogno di andare a vedere come sarebbe stare senza di lei.
In quei momenti, quelli in cui sento che potrei perdere tutto, negli attimi dove ogni cosa vale il doppio e pertanto ho la metà della voglia di perderla, è proprio lì che sento il tempo fermarsi.
Fermarsi oppure accelerare, non lo capisco, ma so che è diverso dal solito.
Denso come se nelle vene mi scorresse il miele al posto del sangue o veloce come se un secondo durasse quanto un pensiero, non è importante definirlo, ma so che è nuovo.
E se mi tagliassero un braccio per contarmi gli anni come si fa con i tronchi degli alberi davvero non potrei immaginare quanti cerchi conterebbero in me grazie a quegli istanti.
Ma così e soltanto così posso immaginare di passare il mio prezioso tempo sulla terra: facendolo durare di più.
Ricordo sempre con gioia il deserto di Atacama, ero da solo, disperso nel pieno centro di una distesa infinita.
Niente a destra e niente a sinistra.
Niente davanti e niente dietro.
Quando mi stavo preparando per partire avevo quasi avuto un moto di curiosità leggendo un dato che diceva: è il solo posto al mondo con lo zero per cento di umidità.
Ho scoperto dopo cosa questo significasse: tutto ciò che è liquido viene istantaneamente assorbito dall'ambiente. Istantaneamente.
Saliva, sudore, acqua, persino la tua urina, il che è un problema se ti serve provare a conservarla per sopravvivere.
Dopo qualche ora la mia pelle sembrava quella di un serpente prossimo alla muta e sentivo le corde vocali incollate alla gola al punto che faticavo perfino a deglutire.
Ma il cielo era terso come mai avevo avuto la fortuna di vederlo prima.
Offriva una visuale perfetta, senza filtri, senza vibrazione alcuna.
Mai stato così felice.