Tutte le citazioni sono state scelte dentro il mio libro preferito: "Il vecchio e il mare" di Hemingway, scritto nel 1951
"Ogni giorno è un nuovo giorno.
E’ meglio quando si ha fortuna.
Ma io preferisco essere a posto. Così quando viene sono pronto."
Io di fortuna da piccolo ne ho avuta e non ne ho avuta.
Quando avevo 8 mesi i miei genitori hanno deciso di abbandonarmi e se a quell'età le conseguenze di questo non erano così chiare per me, con il tempo, con l'infanzia che si è trasformata in adolescenza, chiare lo sono diventate senza dubbio.
Ogni volta a chiedermi il perchè, a controllare dentro per vedere se nel profondo mi sentivo rifiutato o se stavo bene. Ogni volta a far la conta di quel che non avevo nel mio zainetto di bambino.
"Avrei dovuto portare una pietra.
Avresti dovuto portare molte cose, pensò. Ma non le hai portate, vecchio.
Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c'è."
Sono stato accolto a casa di nonna e di nonno che mi hanno cresciuto come se fossi figlio loro anche se io non posso sapere cosa voglia dire crescere come il figlio di qualcuno. Ma so cosa vuol dire crescere come nipote di qualcuno e di quello sono grato.
Ero una spugna, mi serviva soltanto sentire dell'amore addosso e quello lo sentivo. Sentivo l'amore e non quello che non avevo e che avrei dovuto avere, e già mi andava bene così.
Me ne sono accorto sempre che qualcosa mancava, anche articolare in bocca nonno e nonna è diverso da dire papà e mamma, e questa differenza crea uno spazio tra te e gli altri.
È come portarti addosso un nome straniero in una terra che non è la tua: nel semplice chiamarti lo sanno subito tutti che sei diverso. Non meglio, non peggio: diverso.
Comunque raramente questo mi è pesato, se non forse in qualche sabato, il giorno in cui fuori dal collegio delle suore c'erano le mamme e i papà a prendere i miei compagni di classe. Un giorno come gli altri invece per me, che salivo sullo scuolabus da solo e me ne tornavo dai nonni.
"Quando c'è una burrasca se ne vedono i segni nel cielo giorni e giorni prima, quando si è in mare.
A terra non si vedono perchè non si sa che cosa guardare, pensò.
E poi la terra deve rendere diversa la formula delle nuvole."
La mia burrasca è arrivata presto, quando dalla scialuppa, col cannocchiale, potevo ancora vedere la riva.
Ma ero giovane, inesperto e forse un po' ferito dalla vita anche se non lo sapevo ancora. E così quando ho visto le nuvole arrivare, non ho saputo dire se portavano pioggia o solamente ombra e mi sono smarrito nei venti.
Seduto sul davanzale di una finestra, a casa, guardavo in giù e mi dondolavo con le braccia e con le gambe, nella speranza di cadere e in quella simultanea di non farlo.
Di non farlo mai per tutto il corso della vita.
Proviamo tutti entrambe le cose, una volta almeno.
Avevo 18 anni, tante cose alle spalle ma più cose di quelle davanti agli occhi, e non lo sapevo, o me ne ero dimenticato per dieci minuti.
Ero arrabbiato, mi volevo provocare, ero duro con me stesso e sentivo che solo un po' di adrenalina mi avrebbe saputo tenere blandamente incollato a questa terra. Come passare le mani su della carta moschicida: resta appiccicata. Poco, davvero poco, ma resta.
Volevo sentire qualcosa: qualcuno pensa a me?
Se cado qualcuno penserà a me?
E io? Io ci penso a me?
"E’ stupido non sperare, pensò. E credo che sia peccato.”
Alla fine ha vinto la speranza e io sono ancora qui a cadere e rialzarmi.
A cascare verso il vuoto ogni tanto sì, come fanno tutti quando camminano senza guardare dove mettono i piedi, ma da un metro e ottanta d'altezza, non di più, perchè se cado da lì avrò sempre la forza di rialzarmi o di mettermi almeno sui gomiti.
Ok la vita non è restare in piedi, ma cadere e rialzarsi. Già sentita.
Vera, ma solo parzialmente.
Perchè ci sono delle volte nelle quali ad alzarti ci metti un secondo in più del solito, o semplicemente un secondo di troppo.
E quanto è dolce il momento in cui sei a terra e la tua testa analizza tutto il peso di una sconfitta definitiva, del restare giù.
Il gradito mollare l'ancora. Lasciare il pesce al mare e finire di lottare.
In quel secondo, per un secondo, è tutto dolcissimo.
Alzarsi non è facile perchè restare a terra è molto più seducente.
Soprattutto se non sei arrabbiato, e più invecchi e meno sei arrabbiato.
"Era considerata una virtù non parlare se non in caso di necessità, sul mare, e il vecchio l'aveva considerata tale e l'aveva rispettata.
Ma ora diceva spesso ad alta voce i suoi pensieri poichè non vi era nessuno che potesse esserne disturbato."
Quando sconfiggi la voglia di restare giù, che è lei la vera nemica, e ti rialzi intorno a te trovi sempre meno persone. Come giocare a un, due, tre stella e scoprire ogni volta che ti giri che alcune sagome sono sparite.
Puff.
Quando vinci il telefono scotta, quando perdi lo controlli più di una volta, che magari non c'è campo e non sta prendendo bene. Per quello che non suona.
Ma non fa niente, davvero non fa niente: ti abitui a tutto, figurarsi alla solitudine.
Prima mi incazzavo, ne soffrivo e sbattevo le porte di casa per fare un rumore grande abbastanza da non sentirla nella testa. Oggi non è più così.
Oggi la solitudine è un'amica di vecchia data, con cui ho fatto lunghe chiacchierate in passato, una forza che accetto essere parte della mia vita.
Mi piace che mi venga a trovare e ha ancora una copia delle chiavi e a volte me la ritrovo su una sedia in cucina che mi aspetta al mio rientro.
Ma va bene, ha il suo ruolo in tutto questo.
"Non sognava più tempeste, né donne, né grandi avvenimenti, né grossi pesci, né zuffe, né gare di forza e neanche sua moglie.
Ora sognava soltanto luoghi, e i leoni sulla spiaggia."
E poi d'improvviso capita che sei vecchio, che sei acciaccato e che ti fanno male le ossa anche prima di salire sul ring.
Da un certo punto di vista è pure meglio, perchè ti prepara per ciò che sentirai dopo essere stato sul ring, d'altra parte invece è solo triste e doloroso quanto il tempo che avanza.
I cieli e gli orizzonti che t'immaginavi da ragazzo, resi più ampi e luminosi dalla rabbia, si richiudono e diventano solo piccole cornici. E in quelle cornici trovi solo le cose da fare, e le cose da preparare per farle per bene.
Il vecchio il pesce l'ha preso e l'ha perso e per quanto questo possa avergli dato modo di sentirsi vivo ancora una volta, questo gioco non potrà durare ancora a lungo. Perchè tra 10 o 5 anni, forse anche meno, una pesca di tre giorni e di tre notti, non riuscirà a sostenerla.
E neppure io.
Ora sogno luoghi e sogno i leoni sopra al ring, il dolore di un sopracciglio spaccato e il suono che sento quando lo spacco io a qualcuno.
Il sapore dolce di sentirmi stanco.
"Ma stavano navigando insieme legati a fianco a fianco e il vecchio pensava, sia pure lui che porta me, se gli fa piacere.
Ho vinto io soltanto con l’inganno, e lui non voleva farmi del male”
Pescare è come pregare forse.
Perchè il mare ed il vecchio non parlano una lingua comune, non si intendono e non si abbracciano, ma lottano e scalciano l'uno contro l'altro. All'inizio.
Ma ripetere le cose le rende sacre e poi, a volte, le rende sante.
La prima volta che sono entrato in un tempio buddista ero scettico.
La seconda e la terza lo ero altrettanto. Poi la litania, la preghiera ripetuta ha iniziato ad entrarmi in testa e ad appoggiarsi piano sulle ossa.
Come a battere con un martello sopra una campana standoci vicino: all'inizio il fastidio vince su tutto, poi le onde di quel suono ti entrano dentro, attraversano la carne e si appoggiano in un punto intero, dove ci sono gli organi e il cuore che contiene tutte le emozioni.
La preghiera è la mia onda, ed è come un lago che fa i cerchi sempre uguali in mezzo, come se il sasso cadesse sempre identico, puntuale e preciso.
"L'uomo non è fatto per la sconfitta.
Un uomo può essere distrutto, ma non può essere sconfitto"
Io lotto e, finchè lotto, io non posso essere sconfitto.
Vado avanti, mi preparo e mi alleno, porto il mio corpo al suo limite per salire sul ring, per farlo ancora una volta ed andarmi a prendere le cose mie.
Le mie emozioni, le mie vittorie e la mia vita.
Il vecchio dal suo mare esce vincitore ma anche vinto mentre io dal mio ho ancora molto da prendere, tanto da pescare e da gustarmi.
Io voglio ancora dimostrare tanto, a partire da oggi, e proseguendo con domani.
Perchè il mio mare può essere burrasca ma, in mezzo alla tempesta, i miei pugni arrivano lo stesso: duri, precisi e diretti.
E questo è tutto.
O meglio parte del tutto, ma contiene tutto.
Io vado avanti.
Ho voglia di combattere, a volte anche sul ring.
Ho voglia di pregare e di sentirne la quiete nelle ossa.
Ho voglia di prendere un marlin, farmelo mangiare dagli squali e maledire il mare.
Poi aspetterò un secondo più della volta precedente, mi metterò sui gomiti e da lì, tornerò in piedi.
Come sempre.