Ci sono delle cose che non ho mai detto a nessuno.
In nessuna intervista alla tv, sui giornali o sui social, ma sono cose che sento dentro ed è arrivato il momento di tirarle tutte fuori.
A bomba.
Alle Olimpiadi di Rio non ho vinto l’oro.
Secondo tutti gli esperti e gli addetti ai lavori io ero l’unico oro sicuro per l’Italia ed al mio ritorno dal Brasile non mi ha cercato nessuno per un po’.
Strano eh?!
Ma la mia versione dei fatti, il racconto mio di cosa è successo lì non mi è mai stato dato lo spazio di raccontarlo liberamente.
Ho appena rivinto il Mondiale, in estate, e con la cintura in mano non riesco a non pensare a come ci sono arrivato qui ed a quello che è successo negli anni precedenti.
Partiamo dal 2015: io vinco tutto quello che c’è da vincere.
Ogni competizione: Mondiali a Las Vegas e Europei a Baku.
Mi sento in forma strepitosa e vinco quasi con facilità ogni incontro. Sentivo la paura negli avversari prima di ogni incontro.
L’anno prima mi ero lussato un gomito, ma ero rientrato in perfetta forma e ho piazzato lì un anno mostruoso.
Anzi: perfetto.
Nel 2016 gli Europei sono a Riga ma durante la competizione succede qualcosa che non doveva succedere e io mi ritrovo nei momenti prima della finale con il gomito andato: mi è uscito.
Ho un braccio semi-paralizzato.
Lo sappiamo in 2: io e il fisioterapista.
Frank fermiamoci
Tu non devi proprio parlare
lo fulmino con gli occhi e con la lingua -fascia sto cazzo di gomito e andiamo a prendere l’oro-
Come stai Frank?
stavolta è il coach.
Alla grande!
non una parola di più.
Salgo sul tappeto contro Kaya e mi continuo a ripetere che prima o poi se ne accorge che sto combattendo con un braccio solo e mi frega. Devo trovare una soluzione.
Ovviamente faccio meno di quello che faccio di solito, meno aggressivo, meno prese, sono in difficoltà e gioco sulla difensiva, almeno rispetto al mio stile classico.
Mancano 10 secondi alla fine, sono sotto nel punteggio e fisicamente, bloccato in una presa: non riuscivo a muovermi.
Gli sarebbe bastano aspettare 4 dei 10 secondi che mancavano e sarebbe stato il campione ma ha voluto strafare -non si deve mai strafare o finisci col culo a terra- e prova una presa da 4 punti, sullo slancio lo ribalto.
2 punti per me.
Campione d’Europa.
La fortuna premia gli audaci e nessuno è più audace di me.
Ma mancano 6 mesi prima delle Olimpiadi e ne devo usare due solo per risistemare il gomito.
Discuto un po’ con lo staff su cosa sia meglio fare: evito incontri e mi concentro su recupero e allenamento o mi ributto sul tappeto per ritrovare il ritmo degli incontri?
Allenarsi è un mondo, ma lottare con un altro essere umano è completamente un altro.
Anche senza combattere mi sentivo sereno, nel ranking ero piazzato divinamente e quindi a Rio sarei partito da testa di serie; io sapevo che gli altri avevano paura di me: non perdevo da una vita.
Saliamo sul tappeto?
il coach ci provava ogni tanto.
Ma non volevo farlo, mi allenavo tre volte al giorno, ero forte e mi sentivo potenzialmente imbattibile. Bisognava solo aspettare Rio.
Ero sceso di 7 kg e stavo fisicamente da dio, gareggiavo nei 65 kg e avevo una fiducia pazzesca nei miei mezzi.
Pilota automatico, ma cambio a 10 marce!
Quando sali sul tappeto ti accorgi se chi hai davanti ha paura di te, e io la vedevo sempre, quella scintilla preoccupata negli altri, per cui ho pensato che combattere non sarebbe stata la cosa migliore.
Rio.
Al giorno del peso scorre via tutto liscio e vado a dormire felice come un bambino che sa che domani può tornare nel proprio terreno di caccia preferito. Non dormivo nel villaggio olimpico, volevo starmene per i cavoli miei, meno distrazioni, più calma.
Cercavo di isolarmi ma non era facile.
Tutti dicevano che Frank avrebbe vinto l’oro.
Anzi che Frank non poteva perderlo.
Sui social un casino uguale:
Frank vincerà sicuramente.
Porca miseria mi dico: mi sono infilato in un guaio!
Io so quello che valgo, ma chi dice cose del genere non conosce la lotta e le sue leggi!
Arriva il giorno della competizione ed io non combatto da mesi; mangio, come al solito e sento le solite sensazioni.
Ma quando metto piede nella palestra del riscaldamento mi sento trasportato per aria.
Provavo a mettere i piedi a terra e non ci riuscivo.
Vuoto allo stomaco.
Quello schiacciamento che si sente addosso quando parte un aereo.
Boh.
Fatto è che mi inizio a sentire come se nella stanza non ci fosse più la gravità e tutto inizia a girare ed a sembrarmi diverso.
Prima lotta contro l’armeno: Safaryan.
Salgo sul tappeto ma non mi sento me stesso al 100%, ho addosso questa maledetta sensazione di non riuscire a tenere i piedi ancorati per terra.
Non ero il solito.
Io ho sempre lo sguardo di uno che sembra pronto ad ammazzare qualcuno, ma stavolta avevo gli occhi spenti.
Nei suoi occhi vedo che ha paura, io sono più forte, ma quando vado a scontrare con il suo corpo dovrei dargli molto più fastidio e invece lui è duro e non riesco a ad entrargli come vorrei.
Alla fine vinco 3 a 1 passando tutto l’ultimo minuto a fermare i suoi attacchi e bloccando le sue mani, non esattamente il mio stile.
I miei, al mio angolo continuano a chiedermi se sto bene.
Scendo dal tappeto e cerco di ritrovare la mia forza in braccia e gambe.
-Ci sta- è un esordio, il primo incontro di un’Olimpiade, un mare di chiacchiere prima, mi dico:
Frank, hai rotto il ghiaccio, da qui in avanti vai! sei partito!
Si avvicina il doc e mi grida in faccia la sua carica, dice che sono stato grande ed ecco che, boom, torno coi piedi per aria, come se le sue parole mi avessero sparato in alto con una fionda.
Ma che cos’è sta cosa!? Frank
Me lo chiedo ma non mi rispondo.
Torno nell’arena del riscaldamento e mi siedo a prender fiato.
Arriva il mio sparring partner, che mi aiuta a tenermi caldo tra un match e l’altro, mi guarda e fa:
Frank dobbiamo scaldarci
Aspetta oh, ho appena finito
Frank sono almeno 20 minuti che sei seduto lì!
Cosa?!
Mi sento stanco e sembra che il mio orologio interno sia rotto.
Comincio a parlare con me stesso, come faccio sempre: -concentrati-, Carmelo mi toccava la spalla, controllava se c’ero.
Frank io ci sono
ma giravamo a vuoto, correvo per scaldarmi e non sudavo.
Quarto di finale, un georgiano: Iakobishvili. Lo conosco molto bene, ci eravamo giocati una finale europea Under 23 e so di essere più forte di lui.
E lui sa di essere più scarso di me.
Però lo rispetto tantissimo.
Ha due palle che toccano per terra quando combatte: lui non molla mai, in nessuna situazione.
Questo non può battermi
Parto prendendo l’iniziativa ma era come se non sapessi cosa stava succedendo, c’era qualcuno dentro il mio corpo che controllava i miei movimenti.
Verso la fine stavo perdendo e sento una voce gridare dal mio angolo, è il coach:
Frank stai perdendo!
Mi risveglio di colpo e parto: entrata, a vuoto, altra entrata e lo prendo, sento il boato della gente: 5 a 4 e incontro vinto.
Ma io non so cosa sia successo.
Cioè ho vinto un quarto di un’Olimpiade con una presa nel finale e non so dire come sia successo.
Scendo dal tappeto con la stessa sensazione di aver i piedi nel vuoto e la testa che gira.
La gente gridava: Frank, Frank, ma la faccia di chi sa come combatto di solito era preoccupata, si sono accorti tutti che non ero in me.
Semifinale con Asgarov. Azero.
Asgarov è stato una specie di dio della lotta per un periodo.
Nel 2012 aveva vinto le Olimpiadi battendo Kudukhov che era una leggenda e se batti una leggenda cosa sei?
Un dio no?
Io e Asgarov avevamo condiviso il tappeto già due volte: Baku 2013 e Las Vegas 2015.
Nel primo caso mi aveva schienato in meno di un minuto.
Vittoria schiacciante, quasi offensivo per un atleta del mio livello, non mi era andata giù e nella capitale del peccato ho preso la mia rivincita: 10 a 5, massacrato.
Visti i precedenti la sfida era attesissima e io cercavo di trovare la giusta concentrazione in un giorno così strano.
Mi si avvicina un mio amico, cubano, mi dice di avere un messaggio per me da parte dello staff dell’Azerbaigian.
Conosco i loro trucchetti e lo mando via con le cattive.
Loro mi vogliono destabilizzare, vogliono mettermi dubbi.
Far arrivare un messaggio a un combattente prima di una lotta è un’arma a doppio taglio: perché adesso io sento che lui ha paura di me se ha scelto questo mezzuccio e cerca disperatamente un vantaggio giocando con la mia testa.
Ma forse saperlo cambia un po’ anche della mia concentrazione.
Cerco di riprendere lucidità e chiedo a Carmelo di starmi attaccato al culo anche quando vado a pisciare, così evitiamo altri contatti con gli avversari.
Ed infatti due dei loro mi stavano aspettando fuori dal bagno.
Per parlare.
Tutto questo circo inutile mi rimette finalmente i piedi a terra e inizio l’incontro incazzato, lo spingo, spingo ma lui mi evita ed esco io dal tappeto.
0 a 1.
Riparto e faccio una presa.
2 a 1.
Sento il coach all’angolo:
devi lasciare tutto qui oggi, devi lasciare tutto qui!
Ci conosciamo molto bene e mi fa un’entrata sulla mia gamba forte, la sinistra, che è la mia roccia.
2 a 3.
Lo butto fuori dal ring, ma l’arbitro dice di no e il pubblico inizia a fischiare.
Asgarov prova una presa da quattro punti ma resta sotto lui.
4 a 3.
Manca meno di un minuto alla fine e mi sembra troppo spavaldo, di solito ha più paura di me. Oggi invece non trema per niente e mi affronta faccia a faccia.
Mi cerca di prendere, difesa buona, difesa buona ancora ma poi me lo ritrovo dietro. Una mossa strana, giuro che non ho capito come ha fatto a finire lì.
Dal mio angolo esultano e gridano.
2 per Frank! 2 per Frank!
I giudici dicono il contrario.
4 a 5.
Mancano 30 secondi che sono un’eternità, una vita che non finisce mai.
Ne puoi prendere e dare tantissime in 30 secondi, fidatevi.
Tempo di sentire
devi fare tu!
del coach e bum, il vuoto, fine, campana.
Ma come?!
Volati, e non me lo spiegare.
Non li ho visti proprio.
Non mi riesco neanche ad incazzare, ma ho perso il lavoro di una vita.
Rimango così come se niente fosse. La gente intorno a me sbraitava e piangeva e io un cazzo.
Nada. Immobile e senza sentimenti.
Mi siedo e inizio a tornare coi piedi per terra, mi accorgo della gente che piange, tutto il mio team con la testa tra le mani, arriva la mia ex moglie con i suoi occhioni grandi mi guarda e ci abbracciamo.
Serranda abbassata finalmente e lacrime a fiumi per me.
Piango come un bambino, lei mi ha sbloccato l’anima e adesso so che ho perso.
Quello che nessuno sa è che durante quella semifinale mi è uscito il gomito.
Non ricordo esattamente il momento.
Durante una presa ho sentito pizzicare, ma ci può stare in un contesto del genere, credevo fosse normale.
Ma non lo era, e mentre abbraccio lo staff appena sfioro il gomito sento un dolore assurdo; è sceso il livello del testosterone e il mio corpo non ha più difese.
Ho il gomito che è uscito, una semi persa e una medaglia da prendere.
Il doc:
Frank devi andare a fare dei controlli! Subito!
Manco vi dico che gli ho risposto.
Antidolorifico, puntura sul culo e pasticche, fascio il gomito che più che una fascia era un gesso e vado sul tappeto a finire il lavoro contro l’americano Molinaro.
Sono nettamente più forte di lui, ma ho un braccio solo.
Lui invece che lavorarmi al gomito con la tecnica si butta a testa bassa e ne esce un incontro spettacolare.
Il migliore della vita sua, ma non è bastato a battere me con un braccio solo.
Incontro assurdo: uno con un braccio e l’altro al suo meglio di sempre.
Io non pensavo più a niente, ero tornato il solito Frank.
Furioso di aver perso l’oro, del bronzo mi interessava poco in quel momento, il dolore fortissimo al gomito impediva ai miei piedi di tornare per aria.
Prendo il mio bronzo e me ne torno a Casa Italia.
Come mai Frank?
Cos’è successo Frank?
Queste sono le domande che sento, quando avrei dovuto sentire:
Come stai Frank?
Il gomito Frank?
Gente importante che mi caricava ieri oggi quasi non mi saluta, una sacco di atleti festeggiavano medaglie dello stesso colore della mia, ma la mia era molto amara.
Mi sono chiuso da solo in albergo per 24 ore.
Quando sono tornato in Italia mi ha cercato solo la mia gente.
Che era fiera di me.
Ma per il resto il deserto.
Niente tv e niente giornali.
Nessuno sale sul carro di un bronzo olimpico adesso.
Ma solo io e pochi dei miei sanno cos’è successo veramente in Brasile.
Finora!
Ho cambiato categoria e sono passato ai 70 chili.
Sono tornato a dominare e a vincere tutto come prima di Rio: il mondiale di Parigi e gli Europei di Novi Sad.
La chiacchiere dei critici sono lontane e loro forse si sono andati a nascondere.
E sui social si è tornati a scrivere: grande Frank, troppo forte Frank, non puoi perdere.
Io mi godo la mia forma e i successi però voglio l’oro alle Olimpiadi e a Tokyo sarà tutto differente.
Sarà ammessa solo la categoria dei 74 chili e quindi mi toccherà cambiare nuovamente il mio peso per vincerlo ma voi se la sentite di scommettere contro di me che non ci riuscirò?
Io contro di me non scommetterei.