Volo Milano-Beijing.
Prima parte di un viaggio sta portando il nostro format di maggior successo, il Basket freestyle show, esattamente dall'altro lato dell'emisfero.
Il viaggio di per sé è infinito, siamo partiti alle 13.30 da Milano ed arriveremo in hotel a Macao alle 13.30 del giorno successivo.
Ma questa è solo l'ultima, cronologicamente parlando, tappa di un’Odissea quasi indescrivibile per quanto è stupenda. Il viaggio dei DA MOVE: la mia crew, il mio sogno, la mia famiglia, la mia visione.
Tutto insieme.
Tutto contemporaneamente.
Primavera del 2000, ancora si discute dello sventato rischio del millenium bug, quello che doveva far esplodere i computer e cadere gli aerei, ma io ed un’altra manciata di ballers visionari, disseminati sullo stivale, stiamo già contando i giorni, con la stessa eccitazione dei bambini che aspettano la fine della scuola.
Una calda e soleggiata estate italiana è alle porte, i campionati stanno finendo e via che si gioca, si torna a respirare l’odore di cemento che si scioglie sotto le suole e...ops…la scuola!
Ho gli esami di maturità al liceo scientifico.
Con dei crossover iversoniani slalomeggio tra gli scritti e gli orali e mi ritrovo da solo a Viareggio, per giocare l’Adidas Streetball contro gente buona, molto buona con la palla a spicchi tra i polpastrelli.
L’estate parte e torna il fantastico nomade naufragare tra i canestri dello Stivale.
Vinco a Milano il dunk contest under 19 e sono talmente in gas che vado in striscia e porto a casa anche la gara del tiro da 3 (non proprio il mio punto forte) con record ogni epoca per lo streetball.
Come un rookie, che con il completo di qualche stilista italiano un po’ troppo largo nella notte del Draft stringe la mano al commisioner pensando a quel che sarà, la mia testa si proietta verso il futuro più immediato: le finali nazionali di Riccione.
Dettagli?
Episodio in tono minore?
Non direi proprio, perché la saga intitolata Da Move nasce qui.
Io sono un ball addicted, sono uno decisamente iperattivo, con lo streetball cementato dentro la struttura ad elica del mio dna.
La Pista, il nome è oggettivamente fighissimo, che è il mio campetto di riferimento ad Oleggio Castello (poche migliaia di anime in un meraviglioso anfratto tra lago e Monte Rosa) sembra non conoscere lo streetball, la streetculture, l'hip hop e tutto quello che il mio background emotivo ed emozionale mi diceva di cercare come se fossi un rabdomante del basket.
L’estate per me significava poter andare a Milano quando mi pareva, ha significato poter incontrare altri pazzi scatenati simili a me, con lo stesso richiamo interiore per il culto verso un certo tipo di approccio al gioco.
E poi giocare fino a tarda notte.
Semplice forse ma è proprio questo lo spirito mi portava a vivere per questi tornei: la voglia di giocare fino all’alba, quando le suole si sono consumate e le cuciture delle scarpe pulsavano come se volessero aprirsi.
In questi eventi, nei playground milanesi trovo finalmente i miei simili, gli animali della mia stessa specie.
Ti vedi ad un torneo, ti sfidi in un altro
ma perché' non andiamo assieme al prossimo?
stecchiamo la benza?
e voilà.
Siamo una nicchia della nicchia, una minoranza nella minoranza: una decina di invasati che non solo gioca sotto il solleone per ore ma se ne frega del cronometro e del risultato.
Si esagera, sempre e comunque, provando ad emulare le giocate nba o quelle dei mixtape d'oltreoceano, che giravano su VHS oggetto di venerazione. Saltiamo persone, bici, persino auto, infuocando palloni e pubblico in funanboliche gare di schiacciate, portando i nostri culi su e giù per il Belpaese.
Mai domi.
Anche mentre gli altri giocano, noi ce ne stiamo a bordo campo e creiamo dei cerchi di quello che poi si chiamerà freestyle ma che per noi era solo un gioco, un passatempo, un modo per continuare a restare bambini con quella palla in mano.
Un atto di ribellione controllata.
Palla a spicchi intesa per spicc-are il volo.
Freestyle and freedom.
Mentre l’università, il lavoro, i cambiamenti ed i dogmi sociali inscalfibili delle vite-normali provavano a ricondurci all'ordine, ammanettarci e scortarci nuovamente nel grigiore.
Ma una visione può essere potente, a volte potente abbastanza da essere contagiosa e ci ritroviamo ad esser invitati in giro, a fare primi show nei camp estivi, a combinare freestyle e schiacciate, cosa che piace a noi ma soprattutto che piace alla gente.
The heart wants what the heart wants, so give people a damn show!
Ci proviamo a strutturare, a darci una forma, Fabio The Klean (co-fondatore del gruppo) si sbatte per fare qualche video e aprire un’associazione sportiva, Gino da Genius ci regala una signature pose così bella da finire sul nostro logo, sulle nostre tee e nel cuore di una sacco di persone.
Pat, Busco, Pippo, Oscar, Big Mo e Seck si ingegnano per trovare nuove schiacciate mentre io e Jack da Rippa ci facciamo prendere da visioni creative e nuove idee di cose da fare.
La vita normale (che poi vita normale che cacchio vuol dire?) chiama, bussa, strilla nelle corde vocali dei parenti ed degli amici ogni giorno e così per quasi tutti noi questa resta solo un’incredibile parentesi, una vacanza lunghissima, una cavalcata tra le più belle e spensierate delle nostre vite.
Ma io non mollo, oh no che non mollo, ci vedo qualcosa di più
Ci vedo del potenziale enorme ancora inespresso
Forse semplicemente non ho nessuna voglia di smettere, mi sto divertendo troppo.
Abbiamo già fatto centinaia di show di tutti i tipi in giro perchè mai dovrei smettere?
Anzi ero convinto che in realtà avessimo appena cominciato ed ho la stessa sensazione anche oggi, 2017, che affronto questo primo tour cinese con le paure e l’entusiasmo di sempre.
Comunque mentre piano piano gli altri finivano per rispondere al richiamo della giacca e della cravatta io, al contrario mollavo solo i numerosi lavori e lavoretti che facevo per mantenere vivo il sogno, per mantenerlo economicamente.
Inizio a fare il Freestyler full time.
Si beh non facilissimo da giustificare tuttora come risposta alla domanda: cosa fai nella vita? Figuratevi allora.
Vivo nel Paese delle meraviglie, vedo trick e possibili show dappertutto, vedo la città coi filtri di una fantasia che grazie al cielo non sembra minimamente scalfita dalle primavere che passano.
Io credo fermamente che il freestyle, proprio per l’etimologia delle 2 parole che compongono questo dolcissimo termine non si debba porre dei limiti, fermarsi al basket sarebbe stato come costruire il muro di Trump tra States e Mexico, un'errore.
Boom
Iniziamo a tirare in mezzo freestyler provenienti dal mondo del calcio, breakdancers, freerunners, bikers e settiamo un trend che stravolge il nostro settore nella sua interezza
Nasce la prima crew di freestyle mix.
Ora questo modello è diffusissimo a livello planetario, tutti provano a comporre team o costruire show che si muovono in questa direzione ma noi siamo stati orgogliosamente i primi.
Long live the pioneers.
Ci sono dunque molte nuove facce nel nostro gruppo tra cui un motivatissimo ragazzino: Fabrizio Smallone.
Originariamente era Fabrizio The Small One, il piccolino, perché aveva iniziato a girare con noi a 13 anni, poi lui è cresciuto ma il nickname non si cambia, diventa parte di te, come un’altra pelle.
Talento puro e tanta voglia di giocare e stupire con quel pallone.
Beh ora ha oltre 1500 show in oltre 15 nazioni alle spalle ed è qui al mio fianco su questo volo…anche lui alla domanda cosa fai nella vita? Risponde: il freestyler o il Da Move.
Che qualcuno li usi come sinonimi mi da la pelle d’oca, letteralmente.
La crew evolve, muta, cambia luoghi, destinazioni, costruisce nuovi format, setta nuovi trend, coinvolge nuove discipline e nuovi performer nazionali ed internazionali, è un animale dalle mille teste ed un solo cuore, una famiglia allargata.
Ci siamo esibiti con vari formazioni in oltre 25 nazioni per più di 2000 volte. Sono oltre 17 anni siamo quasi maggiorenni e proprio per questo, credetemi, stiamo ancora crescendo.
Siamo i Da Move, nice to meet you.