Siamo stanchi.
È diventata quasi la quotidianità.
Siamo nel 2021, e, al posto che pensare a cosa indossare quando arriveremo su Marte, stiamo ancora lottando contro noi stessi.
Perché?
Quando sei nato non sapevi neppure cosa fosse l’odio.
Se da bambino ti avessero chiesto di collegare il tuo idolo sportivo, magari di un’altra etnia, ad un’immagine e un immagine sola, avresti sicuramente scelto quella del Supereroe.
Non quella della scimmia.
Quindi, per forza, crescendo deve esserti successo qualcosa. Qualcosa di brutto.
La tua “cotta” storica era innamorata di un bambino peruviano?
Un giorno una studentessa senegalese davanti a te nella fila ha comprato l’ultimo panino al bar della scuola? La maestra ha dato un voto più alto al tuo compagno coreano?
Probabilmente, oggi, fai un lavoro in cui ti ritrovi a contatto con persone che vengono da altri Paesi, che poi sono le stesse persone che incontri sui mezzi pubblici, nei ristoranti, agli eventi mondani o che forse fanno addirittura parte nella tua compagnia.
E mi chiedo: passi il tempo ad insultarle?
Non riesco neanche a biasimarti. Ormai la maggior parte delle notizie che trovi sui giornali, le televisioni e i social media, prima di riportare i dettagli di un reato, si affrettano a mettere in evidenza la provenienza di chi l’ha commesso.
Non dovresti, però, fare di tutta l’erba un fascio.
Perché allora quando esci da casa ti trasformi?
Potresti essere proprio tu a diventare quel “Supereroe” ed invece scegli di diventare l’acerrimo nemico.
È proprio vero che il gruppo rende l’uomo stupido.
E non si parla solo di stadi e di impianti sportivi, ma anche di luoghi di lavoro, piazze, ristoranti, spazi pubblici.
Ma ciò che lo rende grave è che lo stadio è pieno di bambini, e di genitori che sono lì soltanto per trasmettere loro la passione per lo sport che si portano appresso da una vita intera.
E, chissà, magari anche tu sei genitore.
Pensaci ancora. Pensaci meglio: non rovinare quel momento sacro, perché non se lo meritano i giocatori, non se lo meritano gli spettatori, né allo stadio né a casa.
La critica fa parte dell’uomo, è nella nostra natura. Ma non ti illudere, perché i termini che hai scelto non costituiscono una critica, ma sono figli della più becera ignoranza. Perché decidi deliberatamente di ferire qualcuno?
Anche perché la famiglia del giocatore che stai insultando, molto probabilmente, è allo stadio a supportarlo.
Da figlio, oppure da genitore, da zio, da nipote, da amico: cosa sentiresti dentro se quella persona presa di mira fosse tuo padre, tua madre, uno dei tuoi figli o semplicemente qualcuno a cui vuoi bene?
Ci sono le telecamere, le foto, le riprese. Lascia stare, evita. Non vorrai mica finire multato, denunciato e lontano dalla tua squadra del cuore!
Non vorrai mica che la gente sappia che sei un razzista!
Cerca di divertirti e goderti la partita e l’atmosfera.
E sappi che nessuno qui sta cercando di cambiare le tue idee anche se, effettivamente, dovresti guardarti dentro per cercare di capire da dove arriva tutta questa rabbia per il diverso. Che alla fine ammala solo te.
Ti sto solo chiedendo di lasciare ai bambini presenti allo stadio, oppure davanti alla tv, la possibilità di crescere senza essere condizionati dalle tue parole.
Non voglio ridurmi a dover insegnare a mio figlio fin da piccolo, come ha fatto mio padre con me, che quando crescerà ci sarà qualcuno che lo offenderà per il colore della sua pelle, perché ha origini africane o per qualsiasi altra espressione del suo essere.
Non voglio dovergli insegnargli a farsi scivolare addosso le cattiverie.
Quindi, se vuoi proprio sfogarti e gridare il tuo odio al cielo perché ti rende felice, fallo a casa tua o in un campo di grano deserto.
Poi, se invece vuoi fare qualcosa di utile per gli altri, allora potresti iniziare opere di volontariato,o anche soltanto impegnarti a scrivere, leggere, suonare, pitturare, fare sport, per venire in contatto con ciò che è diverso da te.
Ci sono un sacco di cose da fare che asciugherebbero il veleno che ti porti dentro.
L’odio non porta altro che odio.
Io, prendendo spunto dalle parole di Sir Baden-Powell, mi sono fatto la promessa di cercare di lasciare il mondo meglio di come l’ho trovato.
Non sempre ci riesco, ma ogni giorno ci provo.
E tu?
Te lo sei dato uno scopo nella vita?