Voglio giocare a calcio
questa è la frase che ripetevo sempre a mamma e papà mentre mi portavano a pattinare sul ghiaccio, mentre giocavo a pallavolo, mentre nuotavo o mentre tenevo in mano una racchetta da tennis.
Il miei unici pensieri fissi erano un prato verde e un pallone da calciare in porta.
Sapevo cosa volevo fare, sapevo che maglia volevo indossare e sapevo con che numero volevo giocare.
Da piccolina non conoscevo e non apprezzavo nessuno degli altri giocatori, per me c’era soltanto Ronaldo e per questo c'è sempre stato solo il numero 9.
Era un giocatore completo, rimanevo incantata a vederlo giocare, dal momento in cui prendeva palla sapevo che sarebbe riuscito a fare sempre quello che voleva.
Un Fenomeno, appunto.
Non era facile iniziare a giocare a calcio per una bambina, era una scelta coraggiosa.
Una scelta che comportava avere gli occhi di tutti addosso, che comportava sentirsi oggetto di pregiudizi, una scelta che portava a dover fare tanti sacrifici per riuscire a seguire la propria strada.
Tutta l’Italia ama il calcio.
La maggior parte delle persone amano il calcio.
Ma per l’Italia tutta o quasi il calcio è ancora uno sport per soli uomini.
© Fazzari e Ramella
Ho iniziato a seguire la mia passione a 12 anni, partendo dalle giovanissime in cui si gioca 7 contro 7 fino ad arrivare alla prima squadra, al calcio delle grandi, con il campo grande e 11 donne per parte a correre, a dannarsi l’anima e difendere dei colori.
Sono stati anni pieni di gol che mi hanno portato in dote quella che è stata, per ora la soddisfazione mia più grande: la vittoria del Campionato di Serie A2 nella stagione 2012/2013 e il raggiungimento della così tanto attesa Serie A.
Una gioia aspettata a lungo che si è subito scontrata con la durezza della massima serie.
Una gioia durata un solo anno; anno difficile, complicato, riempito da pareggi e sconfitte che ci hanno fatto accumulare troppi pochi punti per riuscire a rimanere nella massima serie.
Anno pieno di difficoltà che però mi hanno insegnato la forza di reagire, di rialzarsi, di non mollare mai e di cercare di ripartire più forti, per riprovarci e riprovarci ancora perchè i sogni sono fatti per essere raggiunti.
Sono 14 anni che indosso questa maglia, sono cresciuta, sono migliorata, ho commesso errori, sono anche caduta ma mi sono rialzata sempre con la voglia di fare quel qualcosa in più, quel passetto in avanti.
Il mio sogno è portare l'Inter, il MIO club, il più in alto possibile.
Presto torneremo in serie A e questa volta per rimanerci in pianta stabile.
© Fazzari e Ramella
Essere una calciatrice dilettante significa imparare a convivere con le piccole cose che rendono bello ed insieme difficile il mondo del calcio.
Abbiamo la forza e la costanza di allenarci tutte insieme alla fine di una lunga giornata di studio o lavoro; affrontiamo le ripetute, i balzi, le flessioni e gli addominali, lamentandoci a volte ma senza tirarci mai indietro.
Stanche quasi da non farcela più, noi comunque non molliamo mai.
Tanti si fermano all'apparenza di tutto ciò che c'è di più bello: dal gran gol in partita, alla vittoria di una sfida importante o all'esultanza circondata dalle mie compagne.
Ma i tanti non conoscono tutti i sacrifici, le lacrime in spogliatoio per una sconfitta, il sudore per la corsa nel lavoro atletico, i tiri sbagliati in allenamento e riprovati cento volte.
C'è un mondo dietro i 90 minuti della partita, un universo di dettagli che porta ogni singolo atleta a diventare il giocatore ammirato dal pubblico la domenica.
E la domenica, dopo tutti gli sforzi, ne varrà sempre la pena.
Resistiamo alle sconfitte, combattiamo per le vittorie.
Lottiamo tutte le volte che infiliamo le scarpe coi tacchetti e sentiamo battere forte il cuore.
La nostra vita è tutta qui, tra il rettangolo verde e le quattro mura dello spogliatoio, e questo ci basta.
Sono orgogliosa di essere il capitano di questa squadra, il capitano dell'Inter.
Sono orgogliosa di quanto ogni anno si cresce e di quello che tutte insieme si diventa.
Sono orgogliosa dei sacrifici che si fanno sempre restando unite, delle gioie condivise, degli allenamenti sudati e dei risultati raggiunti.
Sono orgogliosa di quanto ognuna migliori singolarmente ogni stagione e orgogliosa di quanto questo contribuisca sempre di più al nostro Noi.
Noi, la squadra che siamo.
Nel calcio come nella vita: rischiate, sbagliate, riprovate, vincete.
Fino all’ultimo respiro.
Cosa ne sarà del mio futuro ancora non posso saperlo ma una cosa è certa: nessuno mi allontanerà più dal mondo del calcio. Perché la mia vita è su quel rettangolo verde divertendomi ogni giorno con un semplice pallone che rotola.
La mia più grande passione sarà sempre buttarla dentro.
Il calcio non è solo un gioco, è molto ma molto di più.
Milano è casa mia.
Il nero e il blu sono i miei colori.
Il mio cuore batterà sempre e solo sotto quello stemma cucito sulla maglia.