Mancavano 5 soli giorni alla partenza per gli Europei di Kocaeli in Turchia e, durante la mattinata di allenamento, avevamo fatto dei lavori atletici molto particolari, per me nuovi, che mi facevano sentire un po’ rigida a livello muscolare.
Al pomeriggio dovevamo combattere e per i postumi della mattinata non mi sentivo troppo bene ma questa non è mai stata una discriminante nel corso della mia carriera.
E neanche nel corso della mia vita.
Quando a me viene chiesto 100, io do 100. Sempre a prescindere.
Nonostante quel fastidio comunque l’allenamento stava filando via liscio, era ormai quasi finito.
Quasi.
Dico quasi perché a 5 minuti dal termine mentre stavamo facendo un giro di anticipi, ho fatto per calciare e ho sentito il polpaccio della gamba d'appoggio che non mi riusciva più a rispondere e si é contratto di botto.
Mi si è gelato il sangue nelle vene:
Non adesso! Non adesso!
Mi dicevo
Mi son fatta male Claudio
Ho tolto tutte le protezioni e sono uscita dal tatami.
Mi era impossibile appoggiare a terra quel piede ma in fondo c'avevo pur sempre l'altro! Così ho saltellato fino al centro medico che era a pochi metri di distanza, fuori dalla palestra ma sempre all’interno del nostro centro olimpico.
Quando sono entrata ho incrociato subito il responsabile dei fisioterapisti delle squadre nazionali Angelo Angi.
Ho sfoggiato il mio sorriso più convincente e gli ho detto:
Angelo mi sono fatta una contrattura al polpaccio destro, mi puoi fare un massaggino?
Lui mi ha guardato con lo sguardo sospettoso e mi ha risposto:
lascia decidere a me se é solo una contrattura!
Sapete perché mi ha guardato con il volto sospettoso? Perché lui conosce il cuore e lo spirito di chi combatte come faccio io, come facciamo noi, e sa che nessuno di noi potrebbe mai fare un passo indietro di fronte al dolore o alle difficoltà, anche se sarebbe saggio ogni tanto.
Il combattente vuole lasciare tutto ciò che ha sul tatami sempre e comunque, anche a rischio della propria salute se davanti c’è un obiettivo grande.
E l’obiettivo davanti è sempre grande.
Non ne esistono di piccoli! O di medi!
Quindi lui, ligio al suo dovere, doveva valutare il problema con metodica attenzione ma io non volevo sentir parlare di altro che di una semplice contrattura!
Mi ha messa distesa sul lettino ed ha iniziato la sua visita scrupolosa, stavo già sudando freddo, la sua espressione non mi piaceva affatto e stava in silenzio.
Mai un buon segno quando il fisio sta zitto!
Non dev’essere neppure facile mantenere il sangue freddo necessario per dare una cattiva notizia ad un karateka!
Soprattutto se ha la faccia minacciosa come lo era la mia in quel momento.
Ho rotto il silenzio e gli ho chiesto:
quindi?
Come a scuola si è salvato con il suono della campanella perché in quel momento è entrato il Dott. Marco Petrucci, che si è messo a toccarmi il polpaccio a sua volta:
Bisogna fare una ecografia, ma credo sia uno strappo
Ragazzi la parola strappo mi é arrivata come una coltellata sul petto.
Strappo?! Non scherziamo su! Strappo?
Si credo sia uno strappo, non grande. ma ci vorranno 15/20 giorni minimo, questa é la prassi
15/20 giorni!? Io devo gareggiare tra 6 giorni! É il mio Campionato Europeo!
Uscirono tutti dalla stanza, io sono rimasta per un attimo ferma, sola sul lettino con la mia testa intenta a fare calcoli, valutare opzioni.
Poco dopo ho sentito arrivare anche altri fisioterapisti, tutti insieme almeno potevano affrontarmi.
Rientrarono: era arrivato anche il Dott. Fabio Fanton.
Mi ha visitato pure lui ed il terzo identico parere suonava più come una conferma che come una semplice opinione ed abbiamo deciso di fare un'ecografia.
Siamo partiti subito verso l'ospedale: io sudavo freddo e pregavo che fosse solo una contrattura ma dentro di me sapevo di aver combinato qualcosa di più grave lì sotto.
E così era in effetti.
Piccola lesione del gemello mediale di destra compresa tra il 1 e il 2 grado, con fenomeni edematosi
il referto con il solito strano linguaggio medico che nel tempo ogni atleta impara a conoscere a memoria.
A soli 6 giorni dall’Europeo era una tragedia, sarebbe servito un miracolo.
Io comunque ho la testa dura e mi sono concentrata su una sola parola di quel referto: -piccola-, uno strappo sì.
Ma piccolo...
L’emozione comunque aveva preso il sopravvento e tornando ad Ostia ero già in lacrime, pensavo ai tempi previsti dalla prassi, pensavo a quei 15/20 giorni.
Non saprei, mai dire mai, lei non é una persona normale! Può avere dei tempi di recupero straordinari
era il Dott. Fanton a parlare e l’aver colto quelle parole di sfuggita mi aveva trasmesso un po' di speranza ed una grande fierezza.
Allora lo sanno che non ho intenzione di mollare!
Lui aveva radunato tutto lo staff medico e detto loro:
ci proviamo, abbiamo 5 giorni e faremo tutte le terapie possibili. La aiutiamo a rimettersi in piedi!
Tutti con attenzione ascoltavano quello che avrei dovuto fare nei giorni a seguire: era un vero e proprio piano di riabilitazione costruito ad hoc per me, una maratona senza sosta per coltivare la più piccola delle speranze.
Alla fine disse, rivolto solo a me:
segui tutto quello che ti dicono di fare, poi ci vediamo l'ultimo giorno prima della partenza e decidiamo se potrai partire o no per gli Europei!
Testa o croce, il lancio di una monetina.
Sono tornata in camera, mi sono messa nel letto col ghiaccio ben posizionato e poi sono crollata. Un pomeriggio passato, tra lacrime, fazzoletti, fiction deprimenti e kinder bueno a go go. Vedevo tutta la mia preparazione per quell'Europeo buttata ormai nel cestino. Chissà se mi avrebbero dato l'ok per partire e anche se lo avessero fatto sarei poi riuscita a fare comunque una buona gara? Non riuscivo neanche a camminare! Come avrei potuto?
Il mattino seguente abbiamo iniziato con il bombardamento medico: tecarterapia, laser, crioterapia, antinfiammatori, arnica, un macchinario alla linfa sotto il quale dovevo starci per 1 ora al giorno, praticamente le stavamo provando tutte ed anche di più per sconfiggere i tempi clinici standard!
Un giorno uno dei ragazzi mi ha detto:
Tranquilla Sara tra cinque giorni o avrai recuperato o accenderai le lampadine vista la quantità di terapie cui sei sottoposta!
Vedere così tanto impegno, volontà e dedizione mi faceva comunque bene, almeno all'umore.
In quei giorni tartassavo per bene non solo lo staff medico ma anche il mio mental coach Stefano Albano, mi faceva bene sfogarmi un po' con lui: non sapevo ancora cosa sarebbe successo ma io avrei voluto provarci fino alla fine.
Ed era proprio di questo che il mio coach Claudio Guazzaroni ed il mio tecnico Paolo Moretto erano più preoccupati, dicevano
se la portiamo in gara e da uno strappetto piccolo, diventa qualcosa di parecchi centimetri? Dopo l’Europeo ci saranno le qualificazioni olimpiche, è un rischio troppo grande!
Io di pressioni me ne sentivo addosso a quintali. Mi ripetevo:
stai con i piedi per terra Sara ma non staccare lo sguardo dalla luna e poi ti devi sentire, ascoltare, proteggere ma anche cercare ogni giorno di fare un progresso in più! Trova la positività, non concentrarti su quello che non va o che non puoi fare
Secondo giorno, ancora non appoggiavo il piede a terra, terapie in continuazione ma per non sclerare in camera ho deciso di andare lo stesso in palestra con tutte le mille fasciature.
Mi sono messa in un angolo a guardare i miei compagni allenarsi, era frustrante ma cercavo comunque di immedesimarmi nei loro movimenti, di leggere tatticamente quello che succedeva nei loro scambi. Però ero lì ferma e bruciavo dentro.
Nel pomeriggio mi hanno portato per la prima volta ad allenarmi in piscina.
Allenarmi? Parolone!
Muovevo il polpaccio in acqua, del lavoro con le tavolette sotto i piedi rimanendo seduta sul bordo della piscina, giusto un po' di stile libero, per riassumere: mi sentivo mia nonna, la riabilitazione degli anziani!
Tra me e me però ripetevo che
non importa Sara quello che fai oggi, conterà solo come ti sentirai quel giorno in gara e se sarai concentrata al punto giusto puoi fare tanto anche senza la gamba destra
Alla sera una costante: litigavo al telefono con il coach perché lui mi voleva proteggere e mi diceva continuamente di stare attenta, di essere prudente e io gli rispondevo che se mi avessero fatta partire quando sarei stata in gara avrei solo pensato a vincere.
Pensare semplicemente a fare bene non é da me e poi come faccio a pensare a vincere con il freno a mano tirato!?
Dopo un po’ Paolo capì che non poteva dirmi di
non pensare a vincere
altrimenti m’incazzavo e io ho iniziato a maturare l'idea di combattere in guardia contraria, come se fossi una mancina.
Con questo accorgimento la gamba destra sarebbe stata un po’ più protetta e senza doverci pensare troppo avrei potuto comunque spingere come un drago con la sinistra.
Il quarto giorno cominciai a fluttuare in guardia piano-piano dentro l’acqua, simulando la postura da tenere sul tatami.
Attenzione, attenzione! Si fluttua in acqua.
Al pomeriggio sono andata in palestra e, restando sempre in ginocchio, ho fatto il lavoro sulle parate e sulle schivate.
Il quinto giorno era il momento di iniziare a spingere un po’ perché l'indomani saremmo partiti per gli Europei. Così il mio preparatore mi ha portato in palestra anche se ero tutta fasciata, accompagnata sul tatami già al mattino presto!
E abbiamo iniziato prima a camminare e poi, piano piano, a fare qualcosina in più, minuto dopo minuto, finché a fine allenamento mi muovevo perfettamente in guardia mancina.
Ricordo la sensazione.
Ero felice.
Forse ce la potevo fare.
Quella sera i tecnici e il DT dopo avermi vista muovermi, mi hanno iniziato a chiedere come mi sentissi.
Ovviamente mi sentivo bene.
L’ultimo sì che mi serviva era quello del Dott. Fanton, arrivato prontamente anche se solo per telefono ma per me era sufficiente.
Partivo felice come una bambina e cattiva come una tigre!
Nervi saldi Sara, step by step..oggi c'é solo il viaggio da fare, stasera farai un massaggio al polpaccio ed andrai a dormire. Domani é un altro giorno. Mai dire mai. Tutto é possibile
questa era la mia preghiera serale.
La mattina della gara in sala riscaldamento ci hanno messo mezz'ora per fasciarmi ricostruendo con il cerotto una specie di cordone esterno al polpaccio, come un secondo tendine d'Achille: mi impediva molti movimenti ma me ne lasciava a disposizione un numero sufficiente.
Da quel momento ho cominciato a pensare alla tecnica da mancina: cosa posso fare in guardia contraria, devo tirare il giaku tzuki sinistro, ma anche i calci sinistri possono andare.
Dovevo solo credere che fosse possibile.
Entrammo in gara io e Claudio, il mio coach di sempre: uno scambio di sguardi prima di salire sul tatami fu sufficiente a capirsi.
Quel giorno lí sopra ho fatto qualcosa di straordinario: dopo aver passato il primo turno, ho vinto il secondo 1-0, il terzo 3-0, poi il quarto contro la campionessa del mondo in carica, la francese Emily Thouy, sfoderando tutta la mia classe.
6-0 finale con pure un ushiro ura mawashi, un calcio girato che non avevo mai fatto prima di allora in una gara.
Le mie avversarie mi guardavano stranite, non sapevano quale nuova tattica fosse la mia, quella di combattere da mancina, ma non potevano certo immaginare che si trattasse anche per me di un’assoluta novità e di un modo per proteggermi.
L'importante é crederci e credere sempre che tutto sia possibile.
Io quasi faticavo a capacitarmene ma ce l'avevo fatta ancora una volta: ero in finale agli Europei, la mia settima finale, conquistata questa volta in maniera davvero romanzesca!
La gamba sembrava a posto, reggeva bene.
In quel momento ho veramente sentito una scarica di energia incredibile addosso.
Tutti siamo molto più forti di quello che pensiamo di essere. Dentro di noi c'é un'energia pazzesca, a volte é solo difficile andare ad ascoltarla ma se la facciamo risalire possiamo compiere imprese straordinarie.
Per me in quella giornata io avevo già vinto, contro tutto e tutti.
Il giorno dopo ho fatto la finale contro l'atleta turca ma non ero più la stessa. Volevo vincere, come sempre, ma forse un po' mi era scaricata e ho fatto un errore: tra me e me mi ero detta:
chissenefrega del polpaccio, combattiamo in guardia destra
e così ho fatto.
Ma di testa e di fisico in quell’incontro non sono riuscita a spingere come volevo con la destra, e non sono riuscita a bissare le magie del giorno prima.
Argento.
Ovviamente tutto il dispiacere per non aver centrato quello che sarebbe stato il mio 5 oro europeo si è sciolto completamente nell’orgoglio!
L’orgoglio di aver combattuto ai limiti di me stessa.
Io ho dato tutto quello che avevo e così hanno fatto tutti quelli intorno a me, a partire dalla federazione Fijlkam: curandomi, rimettendomi in piedi e, perché no, anche sopportando i miei sfoghi.
Poi si sa: sul tatami siamo soli e dobbiamo essere noi i primi a crederci, sono sempre la testa ed il cuore che fanno la differenza.
L’eleganza della forza