Simone Origone

11 MIN

Cammino... passo dopo passo, respiro e conto.

Arrivo a 17, 17 sono i passi che riesco a fare consecutivamente, come i secondi che qualche mese prima ho impiegato a raggiungere i 252,454 km/h su di un paio di sci.

Poi devo riprendere fiato.... mi fermo, respiro, poi riparto e ricomincio.

Intorno a me il silenzio, lo scricchiolio della neve e una grande ombra che mi sovrasta: il k2.

 

Dopo il record del 2014 mi arrivò l'opportunità di realizzare un altro mio sogno quello di poter scalare un 8.000m facendo parte di una spedizione.

Una sfida ai limiti umani.

In fin dei conti la montagna e la neve sono i miei elementi da sempre e così anche se non allenato per quello, ma molto curioso di affrontare ancora una volta i miei limiti, accettai.

Purtroppo dovetti cedere a quella cima: il mal di testa, il poco ossigeno, la stanchezza e quell'ambiente così nuovo, poco prima del famoso Collo di bottiglia: una parete completamente ghiacciata e verticale, mi hanno ricordato che l'uomo è piccolo e indifeso di fronte alla natura e cosi preferii tornare indietro.

Simone Origone

La montagna è una cosa viva, dentro la quale trovano spazio anche esperienze diametralmente opposte, come l’estrema velocità e l’estrema lentezza, in entrambi i casi si vive o si muore, si festeggia o ci si dispera per piccolissimi dettagli.

Niente può essere mai lasciato al caso.

 

Per fare il mio primo record del Mondo per esempio è stato necessario studiare anche le minuzie ed affinare le virgole alla ricerca dell’ossessiva perfezione.

Nel 2005 sono riuscito ad entrare per la prima nella galleria del vento di Pininfarina dove complicatissimo sistema di eliche generava correnti ventose che da ogni angolo possibile mi venivano scagliate addosso.

Così ho imparato a dominare gli elementi, così a capire gli angoli migliori del mio corpo per restare in equilibrio, per spezzare il vento e farmelo amico.

Come mettere le mani, le ginocchia, dove puntare lo sguardo.

Un’esperienza mozzafiato, il futuro a servizio del presente, il presente figlio del mio sogno passato. Un circolo di emozioni che si chiude in una sfera perfetta.

Perfetta come il cerchio disegnato da Giotto, perfetta come la mia posizione sugli sci. Non è arroganza, deve essere perfetta, se non lo è si rischia di volare via, presi a pugni dal vento.

 

Su degli sci io, negli ultimi 100 metri di una discesa, sono stato capace di mantenere la velocità media di 252,987 chilometri orari.

 

252,987 KM/H

Simone Origone

Se siete mai saliti su una vecchia Panda 4x4 saprete sicuramente che anche solo a 150 chilometri orari i vetri traballano, il motore vi risuona dentro le orecchie e si ha la sensazione che la viti potrebbero saltare via in ogni momento lasciandovi con il sedere a terra.

Io sfreccio libero a quella velocità. Controllando con gambe, braccia e testa la traiettoria da mantenere, senza la protezione dell’abitacolo. Senza la confortevole sicurezza del vetro, delle lamiere, delle cinture.

È un rush adrenalinico pazzesco, ma senza il tempo di goderselo, come la partenza di un jet, perché non puoi perdere la perfetta concentrazione neppure un secondo, nemmeno una frazione di quel secondo.

 

Pensate a quando con l’auto in corsa mettete la mano fuori dal finestrino e giocate con il vento. Il vostro palmo va su e giù, sballottato dall’aria, finendo con il creare delle onde immaginarie, e se invece mettete fuori la testa sembra che la pelle stia per staccarsi dalla faccia.

Immaginate allora la botta che prendo sul petto, sulle gambe quando lanciato oltre i 250 orari, sorretto solo dalla forza dei miei muscoli, mi rialzo improvvisamente dalla posizione aereodinamica per iniziare la fase di frenata.

Passo la linea rossa, ci sfreccio sopra e mi tiro su.

È come essere travolto da una macchina, un frontale in piena regola e se non sei preparato potresti anche finire con il decollare all’indietro contro la tua volontà.

Simone Origone

Il primo ricordo che ho del chilometro lanciato è curiosamente stato fabbricato sul comodo e sicuro tappeto di casa.

Seduto fianco a fianco con mio fratello maggiore, poco più che bambini, guardavamo un documentario sul leggendario Philippe Billy in televisione, titolare del record del Mondo all’epoca.

Sguardi persi, occhi ammirati.

Ancora oggi che è diventato un mio caro amico e che gareggio contro suo figlio non riesco a togliermi dalla testa quel suono: il suono del suo passaggio davanti alla telecamera che lo riprendeva.

 

Veniva ripreso lateralmente ed il suo passaggio durava un battito ci ciglia ma produceva lo stesso suono di un jet che decolla. Tutti gli sciatori, lanciati a quelle folli velocità, producono un suono simile quando vengono ripresi, proiettili nel vento.

Mi sono innamorato subito degli uomini-jet.

 

Però la vita non sempre è dritta e coperta di neve ben battuta come le piste che percorro oggi. La vita è tornanti e discese, la vita è cadute e risalite, un po’ come l’alpinismo, l’ambiente professionale dal quale provengo.

Molto spesso la vita te la cambiano le telefonate proprio nel mezzo di questo saliscendi.

Sono un tema ricorrente anche nei film e nei libri di successo le telefonate che danno la svolta alla storia.

Anche io ne ricordo alcune nella trama della mia vita, nelle pieghe tra le pagine del mio racconto.

Simone Origone

Una arrivò da un numero che conoscevo così bene da saperlo quasi a memoria, quello del mio amico Marco.

Mi chiamava spesso, mi diceva che avremmo dovuto provare il chilometro lanciato, il KL, che era destino.

Per 4 lunghi anni io non gli ho mai dato la soddisfazione.

Puntavo ad una vita semplice, umile e incentrata sulle cose che amo di più, la montagna su tutte.

Mio padre era maestro di sci, allenatore di campioni del passato. Davanti al camino mi raccontava le loro storie e non dimenticava mai di ricordarmi che di talenti veri ne nascevano pochissimi e che sarebbe stato saggio non dimenticarsi mai di essere umili.

Mi trasmise tutto sé stesso: il realismo, ma anche la passione e l’amore sfrenato per la montagna. Già da adolescente passavo le mie giornate a sciare, a scalare, a passeggiare nei boschi, con quella capacità di non stancarmi mai che ammiravo tanto negli uomini di una volta!

 

Così quando il mio sogno nel cassetto, quello un po’ nascosto, di diventare un campione dello sci alpino si infranse contro qualche problema fisico di troppo durante la leva, decisi di dedicarmi a costruire una vita che mi tenesse sempre a contatto con la montagna, petto contro petto con le mie origini.

 

Decisi di studiare per diventare guida alpina e maestro di sci.

E anche tecnico di elisoccorso, che oggi è la mia professione principale.

Un percorso lungo quattro anni e mezzo, proprio quelli nei quali evito di dar seguito alle telefonate di cui parlavo prima.

Per tenermi in forma mi allenavo per fare l’ironman, ma un dolore alle ginocchia mi impedì di andare fino in fondo in quella strada. 4 operazioni ed una quinta dietro l’angolo non sono state uno scherzo, ma quantomeno mi hanno spinto verso quella che è diventata la mia più grande passione.

Ed è così che all’ennesima chiamata di Marco decido di buttarmi, in fondo il KL era da sempre parte del nostro immaginario di giovani sognatori.

A Cervinia c’è un pendio pazzesco sul ghiacciaio dove dal ’40 al ’78 si faceva questa specialità e noi ci allenavamo spesso lì, immaginando come sarebbe stato.

Simone Origone

Riattacco il telefono ed andiamo in Francia, pista olimpica di Les Arc, c’era un allenamento aperto al pubblico per chiunque volesse provare la specialità.

Più in alto parti nel pendio e più alta sarà la velocità che potrai raggiungere, ci proposero di toccare i 120 km/h, dicevano che come primo giorno sarebbe stato emozionante.

A fine giornata io avevo fatto i 179 e lui i 180, lasciando tutti a bocca aperta, la velocità era profondamente radicata nel nostro sistema nervoso, un pezzo del nostro DNA.

Ci invitarono così ad iscriverci all’ultima gara della stagione e lì, toccando i 200 all’ora, arrivai ad un passo dal record della pista per il chilometro con materiali di serie, non specifici per il KL, stupendo me stesso prima ancora che tutti gli altri.

Ma era l’ultima gara della stagione e in estate tornai come se nulla fosse successo alle mie attività di sempre.

 

Nell’estate del 2003 facevo la guida alpina e molto spesso nelle bassi stagioni lavoravo come rocciatore, nel consolidamento di pareti rocciose.

Mentre stavo picconando e fissando le viti mi suona ancora il telefono.

Numero sconosciuto.

 

È il coach della Nazionale italiana di velocità.

Volete fare un provino?

E me lo chiedi pure?

Il provino va divinamente, mi aggrego alla squadra per la mia prima Coppa del Mondo e porto nell’ambiente tutta la mia metodicità, la mia cura del particolare, il mio desiderio di professionismo.

Simone Origone

È stata una rivoluzione.

La rivoluzione dei dettagli.

Tutto deve essere organizzato alla perfezione, sempre.

Sci, materiali, dieta, pista, ogni cosa.

 

Vinco 5 Ori mondiali consecutivi (che vuol dire essere campione in carica per 10 anni) e 9 Coppe del Mondo in 14 stagioni, il trofeo è identico a quello che viene alzato da chi trionfa nello sci alpino, un cerchio che si chiude per me.

Scrivo 3 record mondiali consecutivi.

Un argento Mondiale.

Il risveglio felice di un sognatore.

 

Nel 2004 tocco i 221,400 Km/H, l’anno dopo vado oltre i 248!

Un miglioramento pazzesco, grazie alla nuova ventata di professionalità portata nell’ambiente.

Da allora è corsa contro la natura, contro il vento e gli elementi.

È costante sfida ai centesimi.

È un ingranaggio svizzero che si muove alla velocità della luce

Perché è così che credo che la vita vada affrontata: inseguendo la perfezione a mille all’ora senza lasciare mai nulla al caso, o alla fortuna.

E se sentite il rumore di un jet e vi affacciate dalla finestra non guardate solo in cielo a caccia di una scia, controllate anche il pendio della montagna.

Simone Origone / Contributor

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