Mi piacciono gli ultimatum.
O comunque, bisogna ammettere che con me funzionano.
Quando mi sento con le spalle al muro, quando vengo messo di fronte ad una decisione importante e netta, in qualche modo tiro fuori il meglio di me.
E’ uno stato di ansia che mi attiva, mi scuote dal torpore e mi fa vedere tutto in modo più nitido, con i profili nitidi, come un tratto di penna nera su un foglio bianco.
Perché la mia essenza è così, o bianco o nero, non c’è spazio per le sfumature.
Mentre invece tutto quello che avvolge questa mia essenza, gli strati che ricoprono il mio nucleo più profondo e arrivano fino all’esterno, quelli sono tutti fatti di sfumature, tutti unici, e mi diverte mostrarne uno diverso ogni volta che mi va.
Io sono tante cose diverse, e mi piacciono tutte.
Specchio riflesso della mia generazione, che vive più libera e si manifesta in molte forme.
Amo essere atleta, ma non è l’unica cosa che conta. Mi piace l’arte, la moda, la ricerca della bellezza. E tutto questo si fonde in una tela dipinta di tanti colori, sotto il quale ci sono io, che nel profondo sono bianco o nero.
© Bizzi Federscherma
Quando sono stato chiamato come riserva alle Olimpiadi di Tokyo, mi sentivo spezzato in due. Era tutto molto bello: ero ai Giochi Olimpici, quelli che ho sempre sognato, quelli che tutti gli atleti sognano da bambini.
Era anche tutto molto brutto: ero lì, circondato dai cinque cerchi ma mi sentivo come se non fossi autorizzato a toccarli, perché, se poi non vai in pedana, vale?
I mesi successivi a quell’esperienza olimpica così difficile da catalogare sono stati complessi.
Quando il nuovo commissario tecnico della nazionale ha deciso di puntare su di me, io ho sentito crescere un senso di consapevolezza, di fiducia nei miei mezzi. Ma ogni volta che arriva il momento di dimostrarlo, sembrava che scendessero in pedana due atleti diversi, quello forte, preciso, sicuro, talentuoso, nella competizione a squadre.
E poi la sua brutta copia nella gara individuale.
© Bizzi Federscherma
Così ho pensato di smettere. Di lasciar stare, perché forse in fin dei conti non ero poi così bravo. Non ne valeva davvero la pena.
Se c’è una cosa che non sopporto è perdere tempo, o tutto o niente, se non lo sto facendo al massimo livello possibile, non lo voglio fare.
E’ a quel punto che è arrivato l’ultimatum. E’ arrivato in contemporanea dall’esterno, con lo staff che aveva bisogno di qualche reazione da parte mia per poter continuare a credere nel progetto, e al contempo è arrivato dall’interno, con il mio rigore profondo che non ci vuole stare a lottare per i piazzamenti di metà classifica.
Il 17 aprile 2022 è stato il giorno dell’inizio della mia evoluzione, che è stata anche un po’ rivoluzione.
A Belgrado ho festeggiato in un solo giorno la Pasqua, il mio 22esimo compleanno, e la mia prima Coppa del Mondo individuale e a squadre.
Quel giorno, è cambiato il mio modo di vedere le cose.
© Bizzi Federscherma
Ho iniziato a inquadrare la scherma dalla giusta prospettiva.
E’ quello che amo fare e mi riesce bene, ma non mi basta, e a volte mi sta anche un po’ sulle palle.
Ora accetto il flusso delle mie emozioni, quasi lo cavalco. Completamente imperfetto come ogni creatura. Se un giorno prima di una gara piango e voglio scappare non significa che io quella gara non la possa vincere, anzi.
Ci sono giorni in cui mi sveglio teso, carico di aspettative, ma la maggior parte delle giornate sono sereno, prendo quello che viene e ultimamente, quello che viene, equivale a tanti successi.
Sono grato di quello che ho, e pienamente consapevole che non tutti hanno la fortuna di fare un lavoro come il mio, pieno di nuove sfide tutti i giorni, libero di interpretarlo come più mi sento.
© Bizzi Federscherma
La mia famiglia, così come lo staff che mi segue da sempre e il Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro sono i punti fermi del mio quotidiano, tutto il resto, giorno dopo giorno, lo reinvento e lo trasformo.
Cercando di essere imprevedibile, per non annoiarmi mai, per sorprendere l’avversario, per dare spazio ad ogni mia forma.
E’ una delle cose belle di questo sport.
La scherma è un duello e come tale si affrontano non solo due armi e due armature, ma due persone, due filosofie e due modi diversi di affrontare il gesto.
Mi piace l’idea di essere quello un po’ folle, che fa il movimento inaspettato, che pensa fuori dagli schemi.
Ho tanti sogni, a partire proprio dal desiderio di vivere un’Olimpiade fino in fondo e non sullo sfondo, ma allo stesso tempo, non faccio programmi a lungo termine.
Ogni mattina ascolto il mio essere più profondo, e, che sia bianco o che sia nero, ho imparato a non combatterlo.